Acqua di San Giovanni


Quando sono venuta in Toscana per la prima volta, tanti anni fa, sono rimasta letteralmente incantata. Attraversare le dolci colline con alberi di olivi e file d’uva a perdita d’occhio mi era sembrato, e non so proprio perché, rassicurante. Lo paragonerei ad un caldo abbraccio di benvenuto. Il cielo azzurro, il sole splendente e le temperature gradevoli completavano questa sensazione di totale benessere.

 

 

Poi sono venuta a contatto con i Toscani e il quadro è nettamente cambiato. Non perché non mi fossi trovata a mio agio, anzi. Era perché essi sono un po’ il contrario di quella dolcezza e di quella gentilezza che sentivo dentro al mio arrivo. I veri toscani possiedono, infatti, uno spirito molto arguto e pratico. Hanno un senso dell’umorismo davvero “crudo” se così si può dire. Non sanno che cosa significhi avere peli sulla lingua. Oltre a questo si possono definire critici, fieri, testardi, quasi bellicosi. Infine, sono legatissimi alle proprie tradizioni, alle ricette culinarie passate da generazione in generazione, ai figli, alla famiglia … e alla squadra di calcio del cuore.

 

 

Trovarsi in mezzo è stato ed è tutt’ora estremamente stimolante. Vedere come amano la vita sapendola prendere così come viene mi ha insegnato molto. 

 

Negli anni ho scoperto un altro lato che mi ha sorpreso perché non me l’aspettavo. Molta gente (non tutta), ho scoperto, non attraversa la strada se lo ha fatto un gatto nero. Aspettano che un’altra  persona lo faccia prima di proseguire. Non passano sotto una scala. Fanno controllare da  “chi se n’intende” se sono affetti da malocchio e farselo eventualmente togliere. Stanno attenti a non rovesciare il sale. Non aprono un ombrello in casa, evitano di rompere specchi e portano un corno rosso attaccato al portachiavi.

 

 

A queste credenze si aggiunge la fede. Una candela offerta in chiesa davanti alla Madonna per chiedere aiuto, per una grazia ricevuta o per ricordare i defunti. Un santino o una medaglietta con un santo protettore custoditi nel portafoglio.

 

Ed eccoci arrivati all’Acqua di San Giovanni. La notte del 23 di Giugno, adeguatamente vestiti e muniti di sacchetti di carta e di torce, si va nel bosco, nei prati e nei campi per raccogliere artemisia, iperico, lavanda, rosmarino, ruta e salvia. Poiché non esiste una lista ufficiale delle piante da raccogliere spesso si aggiungono anche piccoli garofani selvatici, margherite, rose e simili. Ognuna di queste piante, si dice, è ricca di proprietà e di virtù quasi magiche, in grado di portare fra molte altre cose anche felicità e armonia. 

 

 

Per ottenere l’effetto desiderato, bisogna sistemare le piante in una bacinella e riempirla d’acqua. Poi deve essere adagiata sul davanzale di una finestra o su una terrazza dando la possibilità sia alle piante che all’acqua di farsi baciare dalla rugiada durante la notte. Perché proprio la rugiada, messaggera della luna e delle stelle, avrebbe trasformato tutto in una specie di pozione magica.

 

Al mattino seguente, cioè il 24 di Giugno, le piante vanno rimosse e si bagna mani e viso con quello che ormai è diventata l’Acqua di San Giovanni. Per un anno intero la vita sorride, si è cullati dall’amore, baciati dalla fortuna e si gode di una salute di ferro. Questo, perlomeno, è quello che promette la tradizione popolare amata da chi crede nel potere dell’universo e dei suoi miracoli…  

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