L’attimo fuggente
In Toscana, fra fine Aprile e fine Maggio, inizio primavera, insomma, si può vivere un’esperienza davvero unica. Innanzitutto bisogna trovarsi nelle zone di Lucca, Pistoia, Massa Carrara o Firenze. Nelle province più meridionali tipo Siena o Grosseto lo spettacolo è inesistente perché da quelle parti la protagonista non si è diffusa in modo significativo. Poi, ci vuole un buon naso.
Sto parlando di un albero chiamato Robinia Pseudoacacia, in Toscana conosciuto semplicemente come “acacia”. Quando fiorisce, i boschi si trasformano in un immenso tappeto a chiazze. Alle sfumature di verde si aggiunge un bianco naturale tendente al giallo che per poco tempo prende quasi il sopravvento sulle sfumature abituali dei boschi. La terra, poi, sembra coperta da neve di quanto è fitto lo strato di fiori caduti.
Piacevole tepore e la giusta umidità nell’aria aiutano le leggere brezze né troppo forti né troppo deboli a portare giù dalle colline sui balconi, nei vicoli e sulle terrazze un sublime e totalmente inaspettato profumo non facile da descrivere. Non è forte e caratteristico come quello del gelsomino, per esempio, o del tiglio. Loro, infatti, saranno stati accarezzati da raggi del sole più potenti e anche più a lungo. L’acacia, dopo diversi mesi al freddo deve ancora sgranchirsi tutta e ricominciare a vivere. Per questo, la fragranza e sì dolce, ma ancora debole. Forse si potrebbe parlare di vaniglia, di pera cotta, di miele, di cera fresca, di fiori di campo mescolati insieme in uguale misura. Tutto è casuale e imprevedibile. Un attimo fuggente che appare e scompare. L’unica cosa da fare e tuffarsi in questa frazione di pochi secondi magici che appagano testa, cuore e anima alla stessa maniera.
Mi sarebbe piaciuto l’idea che tanti secoli fa, l’acacia avesse fatto un lunghissimo viaggio da terre lontane e sconosciute per fermarsi in Italia. In realtà fu fatta arrivare nel settecento e una diffusione più significativa è avvenuta durante il secolo scorso. La pianta era richiesta perché cresceva sorprendentemente veloce, perfetta quindi come legna da ardere o per riempire vuoti nei boschi lasciati da alberi morti.
Non si era però tenuto conto del fatto che l’acacia con poche esigenze e notevole adattabilità avrebbe potuto prendere sempre più spazio togliendolo agli alberi autoctoni. Oggi, insieme ad altre 693 specie, si trova sulla lista delle cosiddette piante aliene quindi portate dall’uomo al di fuori del loro habitat d’origine.
I Toscani, soliti a prendere la vita così come viene, avevano notato che le api adoravano i fiori d’acacia che per giunta si presentavano in enormi quantità. Da lì pensare alla creazione di un miele il passo fu breve. A primavera, apicoltori professionali e non posizionano le arnie vicino alle distese degli alberi fioriti.
Di solito, arnie sono di uno, massimo due colori e, infatti, è proprio così che le ho fotografate un po’ qua e un po’ là. Una postazione invece mi ha proprio incuriosita perché erano state abbellite con cuori, fiori e stelle colorati dipinti a mano. Le api, mi hanno spiegato, hanno bisogno di segni e forme geometriche che facilitano loro il ritrovamento della propria casa. Insieme all’ olfatto, più sensibile perfino dei cani, il ricongiungimento familiare si svolge veloce e senza smarrimenti.
Un’arnia contiene circa otto telai con fino a ottantamila api che raccoglieranno da quindici a venticinque chili die miele. A regolari intervalli l’apicoltore controlla lo stato delle arnie, i telai e la salute delle famiglie.
Dopo quattro, cinque settimane lo spettacolo è finitoe le arnie vengono portate in un‘altra zona, dove infiorescenze di castagno, erica, girasole, millefiori e molti altri aspettano la visita dei graditi insetti. Loro, in cambio del nettare che raccolgono, portano il polline da un fiore all’altro permettendo così la formazione del frutto. Ecco il modo ingegnoso e saggio con cui Madre Natura gestisce questo aspetto dei suoi molteplici compiti.
Con un po’ di fortuna anche quest’anno ci sarà un miele dolce, dalle leggere note floreali, delicato, quasi incolore o giallo paglierino. Potrà diventare leggermente torbido, ma non cristallizzerà mai completamente come avviene invece con il miele di castagno o di millefiori. Personalmente, non posso né confermare né negare perché a casa mia il miele finisce in un’ attimo…
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