Nelle viscere della terra

 

Anche due settimane fa Stefano Pucci, l’ormai conosciuta e molto apprezzata guida ambientale, ha coinvolto me e una ventina di persone a partecipare ad un’escursione nelle Alpi Apuane. Questa volta saremo andati alla grotta Tana che Urla e poi, dopo una camminata, rigorosamente in salita non occorre dirlo, a casa Gialunga dove Francesco, romanaccio DOC trapiantato in Garfagnana, ci avrebbe servito un pranzo con i fiocchi.

 

Fatta la solita oretta in macchina per raggiungere il posto di partenza a piedi mi sono resa conto che ero già stata qui, più precisamente alla grotta del vento distante pochi metri da dove avevamo parcheggiato. Mi ricordo benissimo che dopo aver percorso una ventina di metri dentro la grotta sono dovuta uscire perché soffro di claustrofobia.

 

 

Ormai devono essere passati dieci anni o più e dopo la notte all’aperto sotto le stelle di Domenica scorsa senza alcun cenno di agorafobia (ahimè, soffro anche di quella) pensavo di verificare a che punto fosse la mia paura del chiuso.

 

 

Come sempre, Il nostro gruppo da dieci anni in su era variopinto e mi ha fatto piacere ritrovare alcuni camminatori con i quali avevo condiviso altre escursioni. Raggiungere  la grotta Tana che Urla è stato davvero veloce, non penso, in effetti che abbiamo impiegato più di un quarto d’ora.  Ho trovato interessante che il nostro sentiero, il numero CAI 12, continuando, avrebbe portato sul monte Forato, quel posto dove, a quanto pare, succedono cose folli tipo andare in altalena sopra il dirupo o buttarsi a modo di bungee jumping nel l’assoluta vuoto. Per me, un incubo al solo pensiero.

 

 

Insomma, una volta arrivati davanti al ingresso della grotta, siamo stati divisi in tre gruppi di otto più o meno coraggiosi aspiranti speleologi. E già, anche altre persone non si sono trovate perfettamente a loro agio al pensiero di entrare nel buio e nello stretto. Perché non ci rovinassimo le ginocchia, Stefano aveva sistemato coperte sulla ghiaia nella parte percorribile solo a gattoni. Prima di entrare ci ha dato qualche informazione: che la grotta è lunga circa trecento metri, che si sviluppa per la maggior parte in orizzontale, che ci sono diverse cascate, che nel passato era stata oggetto di molti studi da parte di esperti. Quando la grotta si riempie d’acqua a causa di piogge abbondanti  pare che si possa sentire strani suoni, come “urla”. In realtà’ sono creati dalle varie cascate all’interno.

 

 

Mi trovavo in zona di sicurezza, vale a dire non troppo vicino all’ingresso perché mentre le prime otto persone si erano già messe i caschi da speleologi con le luci sulla fronte, non avevo ancora deciso se entrare o meno. Avrei scrutato le loro facce a fondo appena uscite e valutato se i loro commenti fossero stati veri o solo tranquillizzanti.

 

 

Dopo una ventina di minuti è riapparso il primo gruppo, entusiasta, quasi incantato da questo luogo cosi suggestivo…a quanto pare. Mentre si preparavano altri membri, seppure sempre incerta, ho lo stesso cominciato a parlare con il mio cane spiegandogli che se fossi entrata, sarei anche ri-uscita e che avrebbe dovuto solo pazientare. Dopo altri venti minuti circa, anche  il secondo gruppo è apparso meravigliato da tanta bellezza.

 

 

Poi, non so come, sono entrata anche io, vicino ad un’aspirante guida che non mi ha lasciato solo neanche un secondo. Dopo una trentina di metri (sentiti cento) la grotta si è aperta davanti a noi, alta, larga, profonda, quasi rotonda, con impressionanti pareti di roccia formatesi in milioni di anni. Al centro una cascata con limpidissima, gelida e incontaminata acqua “viva”. La nostra guida ci aveva consigliato di portare una bottiglietta vuota da riempire con questo bene così unico e prezioso. C’era chi si lavava le mani, chi il viso e alcuni bevevano un sorso direttamente dalla cascata.

 

 

Con grande sollievo mi sono resa conto di non aver avvertito nessuna paura. Invece, ho sentito una rassicurante sensazione di benevolenza, come se la montagna volesse parlare, anzi raccontare delle persone entrate e uscite in questa grotta per secoli e secoli alla ricerca di un rifugio, di acqua o di pace. Come se mi volesse dire che dentro di lei esattamente come dentro di me scorre la stessa acqua e in essa energia, vibrazione e  sapere ancestrale del quale noi esseri umani forse non siamo sempre consapevoli.

 

 

Riunitisi il gruppo che aveva fatto il tifo per me come io per alcuni di loro, abbiamo iniziato la camminata verso cibo sapientemente preparato da Francesco e reso speciale con l’aggiunta di erbe aromatiche e qualche fungo della zona. È vero che siamo stati divisi in due gruppi, cioè vegani, vegetariani, celiaci e proprietari di cani in una stanza aperta in basso, i “non problematici” sul terrazzo in alto. È vero anche che abbiamo dovuto lottare per essere perlomeno ogni tanto serviti per primi. A noi però non importava perché non solo abbiamo mangiato in piatti di porcellana (vogliamo mettere…) ma, proprio perché eravamo così diversi, abbiamo passato il migliore tempo di qualità di sempre.

 

 

Tutte le cose, anche quelle belle, ad un certo punto devono finire, ce lo ha ricordato un temporale in lontananza che non aveva ancora deciso se spostarsi o meno nella nostra direzione. Era ora di scendere, raggiungere le macchine, salutare tutti e tornare a casa, ognuno con i propri pensieri su quello che avevamo vissuto. Che dire? Grazie a Stefano Pucci, grazie al gruppo e… alla prossima.

 

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3 Comments

  1. Gino Santini

    Da come l’hai descritta deve essere stata una esperienza elettrizzante.
    Altro luogo che, pur trovandosi a pochi km da casa mia, non conosco assolutamente
    ( …In effetti le Apuane e la Garfagnana non ho mai trovato il tempo per approfondirle )
    ma che forse, in un futuro prossimo potrebbero iniziare ad appassionarmi.

    1. Agnese

      Troverai un mondo totalmente nuovo…

  2. Alessandro

    Qualche grotta l’ho vista anch’io, ma da quella vista assieme hai fatto grandi passi verso escursioni sempre più suggestive.

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